Non solo resort. Da un paio di anni le Maldive sono diventate una destinazione di viaggio anche per chi, zaino in spalla (meglio che trascinare un trolley sulla sabbia), vuole scoprire lo stile di vita maldiviano, svegliarsi col richiamo alla preghiera dei muezzin, giocare a pallavolo con i ragazzi del posto e fare la spesa nell’emporio dell’angolo. Il Governo (lungimirante) ha, infatti, liberalizzato l’apertura di piccole guesthouse nelle isole abitate (i resort sono solitamente su isole di proprietà della catena alberghiera), a patto che la proprietà resti un’esclusiva dei cittadini maldiviani. Molti stranieri, quindi, hanno deciso di investire. Ne è venuto un mix vincente: gusto e standard europei e gestione maldiviana attenta e appassionata, spesso impreziosita da decenni di esperienza professionale nei resort.
Scegliere le Maldive delle isole
abitate significa però accettare anche qualche compromesso. Le donne devono sempre coprire spalle e ginocchia e possono stare in bikini solo nelle spiagge riservate ai non musulmani (oltre che in barca, nelle isole disabitate e sulle lingue di sabbia). Si deve rinunciare a carne di maiale ed a qualsiasi bevanda alcolica (birra inclusa) e fare i conti con una coscienza dell’ambiente ancora immatura (troppo spesso i rifiuti in plastica finiscono a poca distanza dal mare cristallino). A fronte di qualche compromesso ben ripagato da un tuffo contagioso nel sereno e semplice life style maldiviano.
A Thinadoo, isola di appena 30 abitanti a sud dell’atollo di Felidhoo (90 minuti di motoscafo da Malè), Wafir e sua moglie Erika (genovese) gestiscono con professionalità e cura “da resort” l’Hudhu Raakani (“conchiglia bianca” in dhivehi), una bella guesthouse di 5 stanze arredate con mobili caratteristici, ad appena 20 metri da una splendida spiaggia riservata agli ospiti, dove poter fare snorkeling o sonnecchiare su comodi lettini. Tutto è incluso nel prezzo: trasporto da e per aeroporto in motoscafo, colazioni, pranzi e cene, escursioni in barca, etc. La cucina, con piatti sempre vari e di primissima qualità, può contare sul servizio sorridente e puntuale di Farhad. Il ristorante, altro punto di forza, è in un suggestivo gazebo di legno sotto le palme, a pochi passi da paguri e coralli. Una volta alla settimana, sculture di sabbia e cena a lume di candela, con decorazioni floreali e tavoli a riva. Poi “bodu beru”, musica tradizionale tamburi e voce, fino a notte fonda. Ogni giorno, un’avventura diversa a bordo del dhoni (imbarcazione tradizionale), sotto l’attenta guida di Afoutte, di aiuto anche nella preparazione in loco di gustosi pranzi. Quella che abbiamo preferito è stata certamente l’escursione a Vashu Ghiri. Immaginate un fazzoletto di sabbia bianca, un mare cristallino che degrada fino al reef, altalene di corda e legno e decine di uccellini che trovano fresco e riposo all’ombra di palme, mangrovie e capanne in paglia. Uno dei luoghi più belli ed incontaminati dell’atollo, dove, su richiesta, potrete addormentarvi guardando le stelle e svegliarvi alle prime luci dell’alba. Una magia che da sola vale tutto il viaggio.
Appena fuori dalla guesthouse, Wafir ed Erika gestiscono con pari cura e professionalità anche una nuovissima caffetteria, dove ritrovarsi tra ospiti e gente del posto a fare due chiacchiere davanti ad un espresso Lavazza o ad una fetta di torta fatta in casa.
Per info: www.wafirmaldives.com
Testo Maristella Mantuano
Foto Victor Liotine