Ecco la Puglia dei tratturi e delle messi, compresa fra Sannio, Molise e Gargano, dove la storia ha tracciato confini e lasciato tracce di meraviglia. In provincia di Foggia o, come si diceva un tempo, in un pezzo di Capitanata, dal bizantino “catapano”, governatore, la Daunia vale un viaggio di conoscenza e di piacere, fra ricchezze nobiliari e civiltà contadina, cibi veraci e vini magnetici.
Ad aguzzare bene la vista, nelle giornate limpide da quassù si vede la striscia azzurra dell’Adriatico. Il colle Albano domina Lucera, ma anche tutta la piana fino ai promontori garganici e alla costiera foggiana. Ben lo sapevano già nel neolitico, e via via dall’età del bronzo ai sanniti, e poi romani (fondatori di Luceria), bizantini, longobardi e normanni. Tutti lasciarono testimonianze del loro passaggio in questo presidio strategico, e non ci vuole un archeologo per captare almeno le più evidenti. Basta entrare nell’enorme perimetro di circa novecento metri, cinto da un profondo fossato, con quindici torri quadrangolari, sette pentagonali e due circolari, della fortezza. Che venne terminata assumendo l’aspetto attuale dagli Angioini intorno al 1300, ma deve i natali all’intraprendente Federico II di Svevia. Fu lui infatti a decidere di costruire questa fortificazione portentosa servendosi di una manodopera davvero particolare.
Vista la scarsità di popolazione deportò dalla Sicilia occidentale alcune migliaia di ribelli saraceni e, come ricompensa, offrì loro bestiame e cariche di rilievo nell’esercito e nell’amministrazione; concedendo pure – cosa di non poco conto – la conservazione del culto. La presenza dell’enclave musulmana in terra dauna fu breve. Iniziò nel 1223 e terminò brutalmente con la vittoria degli Angiò meno di 80 anni dopo. Qualche segno di questo fugace passaggio in Daunia è rimasto: la stessa basilica cattedrale di Santa Maria Assunta nel centro della città giace sui resti di un’antica moschea. Ma la storia, come accennato, compone un puzzle con pezzi pregiati dislocati qua e là nel perimetro di Lucera. Il periodo romano sta impresso nel disegno urbanistico della parte antica, e ha nel grande anfiteatro e in artistici mosaici i gioielli più preziosi. L’arena venne costruita tra il 27 a.C. e il 14 d.C. in onore di Ottaviano Augusto, e con la sua dimensione ci fa capire l’importanza della città all’epoca imperiale.
Guardando alle immagini ricomposte dagli archeologi ci si rende anche conto di quanto materiale sia stato asportato (ma ancor più nella fortezza) in epoche successive per costruire strade e palazzi: un’usanza del resto in voga ad ogni latitudine. Per fortuna la spoliazione si è reincarnata nel centro storico spesso in pregevoli edifici e belle vie lastricate dove la gente passeggia volentieri fra caffè, negozi, ristoranti e botteghe artigiane, nonostante siano quasi tutte aperte al traffico automobilistico. A Lucera molte sono le case nobiliari di questa che fu una ricca marca agricola del Sud, da Palazzo dei Lombardi a Palazzo di Città, a Palazzo Mozzagrugno, Palazzo Vescovile, Palazzo Cavalli e il Palazzo Campagna, dalle eleganti linee settecentesche. Chiese pregevoli punteggiano angoli e piazze, come il citato Duomo gotico-romanico, eretto da Carlo D’Angiò nel 1300 e poi il Santuario di San Francesco (1300), San Domenico e Sant’Antonio Abate. Lucera è città viva anche culturalmente, mostre d’arte, concerti, eventi, concentrati soprattutto nel periodo estiva. Ma va rimarcata la rassegna teatrale che da tre anni porta la firma autorevole di Fabrizio Gifuni, lucerino d’antica stirpe, in scena nella preziosa bomboniera del Teatro Garibaldi, del 1837.
Fondata nel 1019 dal Catapano Basilio Bojannes, mandato da Bisanzio a contrastare l’espansione del papato e del Sacro Romano Impero, Troia è posta sulla sommità di una lunga collina, in posizione panoramica. Il fondatore unì le estremità di due nuclei della romana Aecae già esistenti – Terra dei Benedettini e Terra dei Basiliani – tramite una antica strada, ancor oggi la via principale, Corso Umberto I. Troia raggiunse il massimo splendore nei due secoli successivi, difendendo sempre con onore e determinazione la propria autonomia, fino ad ottenere una Magna Charta Libertatum, da papa Onorio nel 1127. Capitolò e venne distrutta sotto la spinta possente di Federico II in Daunia, per poi lentamente risalire la china e oggi presentarci un bel centro storico, con palazzi signorili e la magnifica Cattedrale dedicata alla Vergine Maria (1120).
Capolavoro in stile romanico con un originale rosone a 11 raggi in facciata circondato e affiancato da una serie di simboli molto espliciti, che contrappongono le virtù irraggiate dagli apostoli ai vizi terreni. Tutto questo a beneficio del popolo poco o per niente acculturato, così come i mirabili Exultet, rotoli miniati con raffigurazioni che il sacerdote srotolava dal pulpito nel rito pasquale. Se il latino era oscuro ai fedeli le illustrazioni liturgiche erano semplici e comprensibili. Tre dei 31 Exultet ancora esistenti al mondo sono conservati nel bellissimo museo del Tesoro della cattedrale di Troja, da visitare assolutamente. Lo stesso vale per il Museo Civico nel Palazzo D’Avalos, anche sede del Comune. Piccolo ma ricco di reperti archeologici e storici, per un percorso lungo i secoli che ben racconta le vicende cittadine. Troia è graziosa e golosa, grazie al suo famoso vino, il potente “nero”, ma oggi anche per le deliziose “passionate”, cupolette a base di tre ricotte arricchite con diversi aromi su base di bisquit e ricoperte di mandorle tostate pugliesi. Le prepara e vende la Pasticceria Casoli, di lato alla Cattedrale: proprio qui un piccolo assaggio di Paradiso concesso pure al più inflessibile degli agnostici.
La Daunia è pianura, collina e montagna d’Appennino, selvaggia e boscosa. Biccari è già quasi terra di confine, il vento della Campania tira da ovest, e dal promontorio del paese, dove le case ora sono strette tra vicoli e stradine, i bizantini potevano far guardia alle campagne, pronti alla difesa. La torre che costruirono intorno al 1100 è ancora lì, praticamente integra. L’interno è stato ristrutturato e viene utilizzato per mostre ed esposizioni. Sulla sommità un piccolo museo della civiltà contadina racconta la vita semplice e dura dei braccianti di queste terre. Terre di Daunia, faticose ma generose, danno frutta, verdura e cereali in abbondanza, ed erbe spontanee, come rucola o asparagi, utilizzate in molte preparazioni. Per il pesce, l’Adriatico è a due passi e i caseifici producono ottimi formaggi nostrani, dalle mozzarelle ai pecorini. Allevamenti locali forniscono ogni varietà di carne. Insomma, al gourmant in questo angolo verace di Puglia, lontano dalle folle e dalle mode costiere, non mancherà occasione per scoprire una cucina ricca e varia, nel solco della migliore tradizione italiana.
Tanto territorio e ricette tramandate, ma anche innovazione e giovani leve promettenti. Fulcro della ristorazione Lucera, con diversi nomi che vale la pena citare: Dentro al Vicolo, Cirasella, Coquus, Il Cortiletto. Il capitolo vini vede alcuni produttori emergenti. Una visita alla cantina La Marchesa, poco fuori città, consente di incontare il pirotecnico ed infaticabile Sergio Lucio Grasso, con la moglie Marika Maggi impegnato a valorizzare e far crescere vini locali un tempo relegati alla damigiana, in primis il tipico Cacc’e Mmitte. Senza disdegnare nuove sfide, come il Capriccio della Marchesa, da uve Fiano in purezza ad elevata maturazione, un’idea vincente di Marika. Per dormire varie possibilità a Lucera. Due B&B centrali e molto curati sono La Maison Rosa Stella e Palazzo Cavalli, nell’omonimo palazzo nobiliare. Sempre in posizione strategica l’ Hotel Federico II, servizio giovane e cordiale, dotato anche di piccola SPA.