Che Bergamo sia stata da sempre adulata da una pletora di architetti, si sa. Sulla città orobica gettò lo sguardo Le Corbusier, definendo quel capolavoro architettonico della Piazza Vecchia, una delle più belle al mondo. E non c’è da stupirsi. Qui, nell’Alta, tutto è perfettamente conservato: le pietre non sono state toccate, come intimò l’urbanista svizzero; nessun delitto è stato commesso: le vecchie insegne sono lì, a portata di naso; i palazzi, gli edifici, le strade, le mura duecentesche; è tutto intatto. Bergamo è una “città umana”, dove i progetti di architettura, anche quelli più avveniristici, sono giustamente integrati nella maglia urbana. La prova lampante è al crocicchio tra via del Gombito e via Lupo. Sotto la torre medievale, trova riparo una struttura ricettiva in cui design e storia si fondono in un connubio alchemico: il Gombit Hotel. Dal di fuori potrebbe quasi passare inosservato, talmente è integrato con il contesto nel quale è inserito, ma varcata la soglia, questo luogo meraviglia. Sembrerebbe riduttivo chiamarlo design hotel: a primo colpo non passano inosservate le installazioni musicali incastonate nelle nicchie, originali, libri che ciondolano stagliati contro il vecchio soffitto a cassettoni; ma lo spazio è un tripudio di ricercatezza, un amalgama di stili che richiama continuamente il passato e la storia.
Seppur si evinca un estetismo spiccato, questo edificio è piacevole, accogliente, ospitale. L’intento della brava interior designer, Giò Pozzi, di farne un salotto di casa, è perfettamente riuscito. Le 13 stanze, disposte su 4 piani, sono una diversa dall’altra e i toni delle tinte, la scelta dei materiali, la composizione dei complementi conferiscono alle rooms calore e agio, nonostante le linee siano pulite e gli ambienti minimal. Ma qui l’essenzialità è una bandiera, e fa la differenza. Il design puro interseca elementi originali della vecchia struttura, molti dei quali sono stati recuperati e messi in risalto in questo gioco dialettico tra moderno e antico. Come la internet room, il cui tavolo di appoggio è ricavato da un blocco di pietra unico o il corridoio dove sono state rinvenute le mensole originali del 1200.
Steven Cavagna, artista e artefice di questo meta-racconto, ha ridato vita a pietre, cavi, viti recuperate durante la fase di restauro dell’antica torre, ora esposti negli ambienti come opere d’arte. Suoi, i tavolini di appoggio nella hall, realizzati a mano con gesso e juta. Il legame tra contenitore e contenuto è ben saldo, e l’attenzione verso il patrimonio artistico, culturale e ambientale del territorio, sempre alta, rimarcata anche nella scelta di prodotti a chilometri zero e nel perseguimento di una politica energetica a basso impatto.
Gombithitel, Via Mario Lupo, 624129 Bergamo +39 035 247009; prezzi a partire da 150 euro a camera.